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Jihad
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Jihād, parola araba, è una parola araba che deriva dalla radice <"ǧ-h-d> che significa "esercitare il massimo sforzo". La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra come risposta in caso di attacco. Il termine fa riferimento ad una delle istituzioni fondamentali dell'Islam. In arabo il genere è maschile, e quindi sembra opportuno mantenere questo genere grammaticale anche in italiano (lo jihād), anche alla luce del suo primario significato letterale di "sforzo" o "impegno". Durante il periodo della rivelazione coranica, allorché Muhammad si trovava alla Mecca, lo jihād si riferiva essenzialmente alla lotta non violenta e personale, quindi a quello sforzo interiore necessario per la comprensione dei misteri divini. In seguito al trasferimento dalla Mecca a Medina nel 622, e alla fondazione di uno Stato islamico, il Corano autorizzò il combattimento difensivo. Il Corano iniziò a incorporare la parola qitāl (combattimento o stato di guerra), e due degli ultimi versi rivelati su questo argomento suggeriscono, secondo studiosi classici come Ibn Kathīr, una continua guerra di conquista contro i nemici non credenti. Tra i seguaci dei movimenti liberali interni all'Islam, comunque, il contesto di questi versi è quello di una specifica "guerra in corso" e non una serie di precetti vincolanti per il fedele. Questi musulmani "liberali" tendono a promuovere una comprensione dello jihād che rigetti l'identificazione dello jihād con la lotta armata, scegliendo invece di porre in risalto principi di non violenza. Tali musulmani citano la figura coranica di Abele a sostegno della credenza per cui chi muore in conseguenza del rifiuto di usare violenza può ottenere perdono dei peccati. Questa è comunque un'interpretazione scarsamente diffusa e nettamente minoritaria all'interno del mondo islamico. Nonostante le interpretazioni posteriori di queste porzioni del Corano, i passaggi in questione sottolineavano chiaramente, all'epoca, l'importanza dell'autodifesa nella comunità musulmana. I musulmani spesso si rifanno a due significati di jihād citando un hadīth riportato dall'Imām Bayhaqī e da al-Khatīb al-Baghdādī, benché il suo isnād (la catena di tradizioni che può ricondurre sino alle parole di Maometto) sia classificato come "debole": "grande jihād (interiore)" - lo sforzo per autoemendarsi, contrastando le pulsioni passionali dell'io "piccolo jihād (esteriore)" - uno sforzo militare, cioè una guerra legale; da esercitarsi solo in caso di attacco personale. Altri esempi di azioni che potrebbero essere considerati jihād (sulla base di hadīth con migliore isnād) includono: Parlare francamente contro un governante oppressivo ("Sunan" di Abū Dāwūd, libro 37, numero 4330) Andare in Ḥajj - per le donne, questa è la migliore forma di jihād ("Sahīh" di Bukhārī, volume 2, libro 26, numero 595). Prendersi cura dei genitori anziani, come il profeta Maometto ordinò di fare a un giovane, invece di unirsi a una campagna militare. Il significato più letterale di jihād è semplicemente "sforzo", e così è talvolta soprannominato lo "jihād interiore". Lo "jihād interiore" si riferisce essenzialmente a tutti gli sforzi che un musulmano potrebbe affrontare aderendo alla religione. Per esempio, uno studio erudito dell'Islam è uno sforzo intellettuale cui qualcuno può fare riferimento come "jihād", benché non sia comune per uno studioso dell'islam di fare riferimento ai suoi studi come "impegnarsi in uno jihād". Inoltre, esiste una dimensione del grande "jihād" che include motivi personali ineludibili, desideri, emozioni, e la tendenza a garantire il primato a piaceri e gratificazioni terrene. La tradizione di identificare lo sforzo interiore come grande jihād (cioè, non militare) pare essere stato profondamente influenzato dal sufismo, un movimento mistico interno all'Islam antico e diversificato. Oggi, la parola jihād è tuttavia usata in numerosi circoli come se avesse una dimensione esclusivamente militare. Per quanto questa sia l'interpretazione più comune di jihād, è degno di nota che la parola non è usata strettamente in questo senso nel Corano, il testo sacro dell'Islam. È anche vero, tuttavia, che la parola è usata in numerosi hadīth sia in contesti militari che non militari. Segue una discussione sulle dimensioni militari del jihād all'interno dell'Islam.

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Fecha publicación: 29.8.2014

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