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Kalokagathia
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L'espressione kalokagathìa (in greco antico, καλοκαγαθία) indica nella cultura greca del V secolo a.C. l'ideale di perfezione fisica e morale dell'uomo. Il termine si origina dalla sostantivizzazione di una coppia d'aggettivi: καλὸς κἀγαθός, (kalòs kagathòs), crasi di καλὸς καὶ ἀγαθός, (kalòs kai agathòs), cioè "bello e buono" inteso come "valoroso in guerra" e come "in possesso di tutte le virtù" . In particolare il termine καλός per i greci si riferisce non solo a ciò che è "bello" per il suo aspetto sensibile ma anche a quella bellezza che è connessa al comportamento morale "buono" (ἀγαθός). La bellezza nella cultura greca arcaica è concepita come un valore assoluto donato dagli dei all'uomo e spesso associato alle imprese di guerra dell'eroe omerico. In base un esauriente studio sulle ricorrenze del termine kalokagathia risulta invece che questo concetto più che essere un'eredità della civiltà omerica fu ampiamente introdotto, ad Atene in particolare, a partire dalla seconda metà del V secolo a.C. dai Sofisti che caratterizzavano con questa espressione l'intellettuale dominante nella carriera oratoria e politica senza più riferirsi dunque a qualsiasi aspetto militare ma piuttosto a un valore morale di virtù e giustizia. Per Platone quello della kalokagathia è un ideale aristocratico che distingue il sapiente dalla massa incolta: La kalokagathia quindi deve essere l'oggetto dell'educazione dell'uomo eccellente : La kalokagathia dunque rappresenta la concezione greca del bene connessa all'azione dell'uomo e si sostiene quindi che vi sia una complementarità tra "bello" e "buono" : ciò che è bello non può non essere buono e ciò che è buono è necessariamente bello. Questo stesso principio del bello e buono viene riportato all'ordinamento del cosmo che con i suoi armonici movimenti astronomici e con la precisione dei rapporti matematici in esso nascosti, come avevano già messo in evidenza i pitagorici, funziona bene ed è quindi compiutamente perfetto (τέλειος, compiuto): Una perfezione che nella visione platonica non può contemplarsi allora se non nel mondo ideale perfetto dove la suprema bellezza coincide con la perfetta bontà: il "bello e buono" perfetto che spinge gli uomini ad imitarlo nel loro comportamento morale. Quasi sette secoli più tardi Plotino riprenderà l'idea dell'epoca classica del "bello" che si attua nel bene e che egli riscontra negli aspetti visibili della «simmetria delle parti», nel «componimento unitario della loro sintesi», nell'«armonia» e, come Platone, sosterrà il bello come causa dell'azione morale per cui «al bene bisogna risalire, a quel bene cui ogni anima agogna...e sa in che modo sia bello.»

Mappa concettuale: Kalos kagathos

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Fecha publicación: 6.10.2017

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